Provincialissima, non sapevo niente di Sembène Ousmane, “scrittore e padre del cinema africano”. Ci ho capito qualcosa di più leggendo Sambène Ousmane, edito da il castoro (2009) con il contributo del Coe (Associazione centro orientamento educativo), Festival del cinema africano Asia America latina, Comune di Milano. Il libro mi ha aperto un mondo, ma la realtà della distribuzione commerciale e dell’industria culturale italiana (solo italiana?) lo ha subito richiuso. Morale della favola: per conoscere il cinema degli “altri” non si può fare altro che inerpicarsi sui sentieri dei Festival e delle controculture, cogliere l’attimo, e abbandonare il divano di casa.
Sembéne è un compagno. Qualcuno cioè che ha abbastanza empatia per sentire l’ingiustizia, anche quella vissuta sulla pelle altrui; qualcuno che interroga la tradizione anche criticamente; che paga con la propria vita il prezzo della libertà e che mette in discussione i confini segnati dal potere di classe, di genere, coloniale. Confini scritti nella carne, nel pensiero, nel linguaggio ma anche con il filo spinato, la violenza, la sopraffazione e il dominio. Un “cuore matto”, il nostro, un manovale, un intellettuale irriverente, un artista, ma anche uno che ha trovato la propria strada. Un attaccabrighe e provocatore, anche.
Recensione del libro sul sito www.unionefemminile.it