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In genere si considera l’idroelettrico una forma di energia sostenibile. Quello che sta succedendo nelle nostre montagne però non rientra nell’idea di sostenibilità.
Come denunciano associazioni e comitati (ad esempio Freeriver Community il Comitato per la tutela del San Bernardino) sulle Alpi e sugli Appennini si rischia la scomparsa di fiumi e torrenti.
Già i fiumi italiani non godono di buona salute, considerando che oltre il 50% non raggiunge il livello qualitativo minimo imposto dall’Europa. Una situazione dovuta al fatto che, dalla prima metà del secolo scorso, la maggior parte dei corsi d’acqua italiani è stata sfruttata per la produzione di energia idroelettrica, con la realizzazione di dighe e di grandi centrali: i 300 grandi impianti costruiti allora coprono l’85% della produzione idroelettrica nazionale.
Dal 2008, gli incentivi governativi alle rinnovabili hanno innescato un fenomeno essenzialmente speculativo con il proliferare di mini centrali elettriche.
Se venissero realizzate tutte quelle richieste, ci sarebbero circa 2000 nuovi piccoli impianti in Italia, che corrisponderebbero ad altri 3000 chilometri di corsi d’acqua intubati in condotte forzate.
E tutto questo solo per dare un contributo energetico percentuale del 2 per mille dell’energia complessivamente consumata in Italia in un anno. In sostanza i cittadini italiani stanno pagando con la bolletta della luce (voce oneri di sistema) gli incentivi al deterioramento dei fiumi per oltre un miliardo di euro l’anno.
Lo schema di decreto sui nuovi incentivi alle rinnovabili elettriche, il cosiddetto decreto Fer 1, è attualmente al vaglio della Commissione europea.
A proposito di centraline, ne hanno costruita una sul torrente Terzago, nel comune di Meina. Da quando c’è la centralina l’acqua è ridotta al minimo (legale!), insufficiente alla sopravvivenza dei pesci, in particolare delle trote fario. Anche i pescatori, nel loro piccolo si incazzano; e anch’io che non mangio più le trote fario.