Per vent’anni ho agito all’interno di movimenti, reti e associazioni, dalle quali ho imparato la forza dei corpi che unendosi diventano forza politica.
L’ondata reazionaria delle destre che sta attraversando l’Europa e il mondo mi ha fatto decidere di candidarmi alle prossime elezioni del 26 maggio, perché gli obiettivi che ho sempre considerato importanti possano entrare anche nelle istituzioni europee e perché credo sia fondamentale portare in Europa una pratica e uno sguardo femminista, da sempre l’anticorpo al sessismo, nazionalismo e razzismo.
Questo percorso sarà nuovo per me, diverso da quello dei movimenti, che hanno la loro autonomia e la loro forza fuori dalla rappresentanza istituzionale.
Una lista e un programma femminista, ecologista e antirazzista
Il programma di questa lista femminista, ecologista e antirazzista contiene proposte concrete per le politiche europee: parità di genere, politiche per il lavoro, welfare, sanità pubblica, ambiente e industria, politiche fiscali e finanziarie, salute, istruzione, relazioni internazionali.
La sinistra è una lista che raccoglie le competenze di tante e tanti che hanno fatto vivere queste proposte sul territorio, nel mondo del lavoro, dell’associazionismo, della formazione. Sono orgogliosa di farne parte come candidata capolista per la circoscrizione nord-ovest
Femminismo, ecologismo e antirazzismo possono mettere radicalmente in discussione l’Europa che conosciamo, ostaggio dell’austerity e di un’economia volta solo al profitto.
Altri sentimenti
Sappiamo bene su quali sentimenti lavora la destra. Sono la paura e l’insicurezza sulle quali si chiudono i confini e si aprono centri di detenzione dove mettere gli indesiderati.
Sono i sentimenti che tirano fuori il peggio dei popoli e di cui si nutre il nazionalismo contro cui lottiamo.
Noi viviamo altri sentimenti.
La rabbia per l’oppressione che viviamo la mettiamo al servizio di un progetto collettivo capace di cambiare i rapporti di forza tra chi ha privilegi e chi è ai margini.
Viviamo la solidarietà per contrastare il neoliberismo che sta distruggendo le nostre vite imponendoci condizioni di sfruttamento e isolandoci gli uni dagli altri e le une dalle altre.
Viviamo l’empatia, perché l’incontro con la diversità genera conflitto, ma anche curiosità, attrazione, creazione.
In Europa vogliamo alzare i salari, non i muri!
Vorrei partire dai corpi: la società in cui viviamo assegna i ruoli in base ai corpi in cui nasciamo. Per le donne significa avere un ruolo che le porta a pensarsi ed essere pensate solo come madri o come oggetti sessuali, per le persone LGBT significa vivere nella discriminazione.
Nel candidarmi al parlamento europeo voglio partire dai corpi perché è lì che si annidano i rapporti di dominio.
Corpi e nazionalismo
Il nazionalismo oggi si allea con il fondamentalismo cattolico per ripristinare quei ruoli sociali in nome della famiglia naturale – contro il diritto all’aborto, alla contraccezione e alle unioni non eterosessuali.
Questo fronte, che si è di recente riunito a Verona nel Congresso internazionale delle famiglie – con la partecipazione dei ministri del governo Salvini, Fontana e Bussetti – ha dichiarato apertamente guerra al diritto all’autodeterminazione delle donne. È stato accompagnato da una imponente campagna mediatica che sta minando nell’immaginario sociale il diritto di decidere sul nostro corpo, un diritto già così fragile in un paese come l’Italia dove la legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza subisce da anni un lento, strisciante e progressivo logoramento.
Violenza strutturale e politiche europee
Un femminicidio ogni tre giorni in Italia è l’aspetto più impressionante della violenza strutturale che viviamo e che si esprime in tutti gli ambiti della nostra vita.
La radice della violenza maschile sulle donne e della violenza di genere è da cercare nella asimmetria di potere tra i generi, profondamente radicata nella vita sociale ma anche nei comportamenti, negli stereotipi, nelle forme di relazione e nell’inconscio.
Nel candidarmi al Parlamento europeo perseguo l’obiettivo del Gender mainstream. Significa che la prospettiva di genere deve entrare in tutti i campi e in tutti i temi politici, perché eliminare la discriminazione e la disuguaglianza di genere va a vantaggio dell’intera società. Questo obiettivo, che l’Europa si è data scrivendolo nei propri documenti fondativi, è perseguito dal Gender mainstreaming network,una rete intraparlamentare di deputate e deputati di differenti gruppi politici, che lavorano in diverse commissioni e che si occupano di monitorare che la prospettiva di genere sia integrata in tutte le politiche del Parlamento.
Le politiche di genere di livello europeo sono uno strumento utile che si concretizza in raccolte di dati, direttive, linee di finanziamento per progetti trans-nazionali, ma anche accordi vincolanti. Determinante è stata, in questo senso, la Convenzione di Istanbul, che è alla base della più recente legislazione nazionale sulla violenza domestica (numero 242 del 15 ottobre 2013) e sulla tutela delle vittime (decreto legge 15 dicembre 2015 n. 212, attuativo della Direttiva 2012/29/UE).
No al razzismo
Dietro a parole apparentemente innocuo come ad esempio “scontro di culture” c’è il razzismo.
I corpi delle persone migranti e richiedenti asilo sono al centro di una guerra ideologica che mette i poveri contro i poveri a vantaggio del profitto di pochi.
La destra fa leva del sentimento della paura per creare false emergenze. Secondo i dati dell’UNHCR tutti i rifugiati in Italia non riempirebbero neanche la metà del Circo Massimo a Roma che, secondo una stima, riuscirebbe al massimo a contenere 340mila persone. Invece, la Lega di Salvini parla di “invasione”.
Mentre masse di persone sono obbligate a lasciare la propria casa per gli effetti delle disuguaglianze economiche e dei cambiamenti climatici innescati dal neoliberismo, l’Europa chiude le frontiere, alla difesa disperata dello Stato nazionale.
L’Europa morirà se non darà vita ad un progetto di convivenza in cui le culture possano incontrarsi e mescolarsi, in cui le persone possano arrivare e inserirsi e spostarsi attraverso politiche sociali che tengano conto dei loro desideri e coordinate a livello europeo tra i diversi paesi membri. In cui sia accolto e accolta chi fugge dalle guerre che i paesi cosiddetti sviluppati e le loro economie capitaliste hanno contribuito a scatenare.