Le donne sono soggetti politici, ma lo sono a partire da presupposti diversi, a volte antagonisti e a volte convergenti. Per questo non mi è chiaro a chi siano rivolte le domande di Barbara Stefanelli, che nel suo editoriale del 2 marzo su la 27maora chiede alle donne se sapranno continuare a marciare insieme per i propri diritti dopo le manifestazioni che si sono svolte in tutto il mondo. (Qui le molte voci raccolte intorno alle domande di Stefanelli).
Un soggetto politico agisce per modificare i rapporti di potere esistenti. La sua incisività si fonda sulla capacità di definire e perseguire obiettivi, di dare concretezza a contenuti teorici, di fare incontrare persone che prima non si incontravano. Si fonda sul grado di cooperazione al proprio interno e sulla capacità di comunicare all’esterno con linguaggio non auto-referenziale.
Se dunque la domanda di Barbara Stefanelli è rivolta a tutte le donne in generale, la mia risposta è che si continuerà a marciare con parole d’ordine molteplici fino a che, gradualmente, un nuovo mondo non prenderà il posto del vecchio.
Nel momento in cui si dà degli obiettivi, un movimento politico non può includere tutte le donne indifferentemente per il solo fatto di possedere una vagina. Includerà chi ne condivide i presupposti. L’autodeterminazione delle donne nella sfera riproduttiva con l’accesso all’aborto e alla contraccezione – per riprendere un punto sollevato da Stefanelli – insieme ad una visione laica in cui la morale religiosa trovi un confine nel rispetto dei diritti altrui: questi sono alcuni dei punti cardinali del movimento femminista. Con altri soggetti potrà dialogare, discutere, concertare azioni condivise se e dove possibile: il che è diverso dal confondersi.
Ma poniamo l’ipotesi che Barbara Stefanelli rivolgesse le sue domande al movimento femminista internazionale Ni una menos, che in Italia ha convogliato in Italia un attivismo frammentato e reticolare intorno agli 8 punti dell’8 marzo proposti da Non una di meno.
Mi chiedo anch’io se questo nuovo soggetto politico, cui mi sento di appartenere e a cui sto dedicando impegno e tempo, saprà cambiare i rapporti di potere esistenti prima di disperdersi, cosa che inevitabilmente avviene a tutti i movimenti. Credo che, in parte, lo abbia già fatto.
È nato per decisa presa d’iniziativa di donne nate dagli anni Novanta in poi, il che significa che parte di una generazione ha preso coscienza e si è assunta la responsabilità di agire in prima persona. Ha fatto incontrare persone e gruppi che agivano isolatamente. È infra-generazionale e con ciò realizza un passaggio di testimone che, se calato dall’alto, rimane inefficace; mentre qui si realizza nella sperimentazione pratica. Genera passione politica: se le redazioni inviassero cronisti/e alle assemblee, potrebbero raccontare di sale gremite, discussioni conflittuali, attivismo febbrile, un entusiasmo all’opera.
Quale grado di incisività politica sarà in grado di esercitare questo movimento dall’8 marzo in poi dipende, secondo me, dai punti che ho già elencato. Credo che abbia tutte le potenzialità per riuscire. Molto dipenderà dalla capacità di cooperazione, di mediazione e di ascolto reciproco, nel perimetro dei punti cardinali che già ben descrivono il contenuto della mobilitazione.
8 punti per LOTTO marzo
• Percorsi di fuoriuscita dalla violenza
(Pubblicato il 6/03/2017 su www.27maora.corriere.it)