C’è una singolare miscela di ingredienti in questo libro. I racconti di «Storie a passo d’uomo» ti gettano in un lieve spaesamento. C’è tanta ironia, che vela e svela gli acciacchi di un’umanità dolente senza moralismo, spianando il sorriso. La bellezza si accompagna all’inquietudine e il personale al politico. C’è la morte, nella sua imprevedibile e scomposta danza con la vita.
All’inizio di ogni storia la realtà si presenta solida e riconoscibile nell’ambientazione e nei personaggi, gente comune. Ma poi il paesaggio si increspa e da terraferma diventa acqua marina. Da sotto baluginano ombre, colori, profondità insondabili. L’autore ci impresta le unghie per grattare via la pellicola che separa il regno di Apollo e da quello di Dioniso. I protagonisti e le protagoniste a un certo punto perdono il controllo della situazione. Il mondo che abitano, che ci sembrava tanto familiare e sicuro, si incurva e si deforma. Nel circuito irrompe lo smisurato, il grottesco, la nota stridente o terrificante, la dimensione onirica, la follia. Ma sempre con un piglio di leggerezza, anche grazie allo stile peculiare dell’autore che mescola il registro colto con il parlato, e che dal dialetto prende ritmi e suoni per colorare la lingua, dal territorio pugliese prende colori e immagini per creare metafore e neologismi.
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Francesco Carmine Tedeschi, «Storie a passo d’uomo», Kimerik, 2015
334 pagine per 15,30 €