Da un lato la dea, cioè il femminile tramandato da simboli e miti da prima dell’avvento delle religioni e delle società patriarcali. Dall’altro le donne nella storia delle società patriarcali. Femminilità simbolica e femminilità storica.
E se provassimo a tenerle insieme, queste due prospettive? Come due angoli di osservazione sul medesimo oggetto, due fuochi di attenzione che possano illuminare parti o snodi di una complessità – l’umano, mai fino in fondo conoscibile, perché mai interamente visibile a sé se non di parte in parte.
Il femminile simbolico impresso nella dea e il genere iscritto nella storia delle relazioni fra i sessi sono i due punti di vista che Susanna Fresko evidenzia nel suo articolo sul recente convegno all’Università Bicocca “La dea impensata. Fine del patriarcato e immaginario femminile”. Susanna è stata colpita, oltre che dall’atmosfera del convegno (un ineffabile corporeo, l’atmosfera) dalle domande sollevate dall’intervento di Lea Melandri nel contesto delle altre relazioni.
Collocarsi nella dimensione simbolica non comporta forse il rischio di fissare e perpetuare caratteristiche che sono proprio il frutto di un divenire storico segnato dal rapporto di potere del sesso maschile sul sesso femminile? Se enfatizziamo, ad esempio, il legame tra terra, materia e femminile, un legame scritto nei simboli antichi della dea, non contribuiamo forse a trasmettere lo stereotipo per cui le donne vere, in carne ed ossa, sono “naturalmente” come terra incolta da lavorare con la vanga (maschile) ed inseminare con seme (maschile)? E se la luna è femminile e il sole è maschile, non correremo il rischio di dire che tutti gli uomini hanno un’intelligenza solare, e tutte le donne un’immaginazione lunare? Dal simbolico femminile ai corpi di donne considerati matrici prive di soggettività, lunatiche e isteriche, il passo è breve.
Insisto: il passo dalla terra-matrice alla femmina umana matrice è davvero breve, con ripercussioni infinite sulla quotidianità di tutte le femmine viventi sul pianeta, a partire dalla divisione sessuale del lavoro in famiglia e fuori.
Queste domande turbano anche me. Mi chiedo se non sia possibile utilizzare il simbolismo veicolato dalla dea come fonte conoscenza interiore, schivando allo stesso tempo il rischio di fissarlo e semplificarlo. La dea è politica se è per tutti, maschi e femmine, un modo immagignifico di contattare la propria parte maschile e la propria parte femminile, a legittimarle nonostante stereotipi e convenzioni sociali ci spingano invece nella direzione opposta.
Sento il potere del simbolo, lo vivo sul piano psicofisico. Quando, praticando yoga, metto il mio corpo in una forma, in una postura, quella forma agisce anche sul piano psichico. Mi convince l’ipotesi di Gabriella Cella che, innestandosi sulla tradizione dell’hatha yoga nella sua rivisitazione tantrica, rileva appunto l’aspetto simbolico delle posture, le asana.
Lì trovo immagini come Bhumi, la madre terra, Bhumi accoglienza e sostegno. Ma trovo anche figure come Durga, la dea guerriera armata, irata, che fa strage dei mostri più terribili. Trovo mille aspetti del “femminile” e mi immergo nel simbolo con tutta me stessa, sganciando la razionalità e “sentendo” la forma prima nel corpo.
Se Lea mi indica la via politica, Gabriella mi indica la via mistica. La mia sfida è quella di percorrerle entrambe.
Il continuo spostamento di piano prospettico dalla storia al simbolo mi aiuta a non “fissarmi”, a capovolgere sempre l’oggetto da un lato e dall’altro e non dare niente per scontato.
La via mistica mi pone di fronte all’archetipo della dualità, che contempla anche quella del maschile e del femminile, e mi suggerisce, attraverso il piano simbolico, una corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo. La via politica richiede di osservare le dinamiche di relazione sotto l’aspetto del potere e della giustizia, aiuta a vedere come maschile e femminile possono diventare gabbie all’espressione della personalità individuale e soggettiva.
La via politica mi interroga sul divenire storico della dualità e mi suggerisce che l’azione è il modo in cui il microcosmo modifica il macrocosmo. Sia la via mistica che la via politica impongono il tema della scelta. Come scelgo di stare nell’insieme dei rapporti sociali e nella complessità del microcosmo che mi da forma? Che posizione prendo?
Sia nel simbolico che nel politico, un gesto cambia l’insieme.